Gianni Desogus (in arte Xiandès)

Ha quasi sempre vissuto nella modesta casa di via dei Pisani, nel cuore del centro storico di Iglesias, la città che lo aveva visto nascere.

Al piano terra, si dedicava alla produzione artigianale di ceramiche e cornici, vendendo occasionalmente anche qualche xilografia. Una vita normale, quella di un uomo tranquillo. Ma non era davvero così: Xiandès, come firmava i legni che incideva nel suo studio al piano superiore, portava dentro di sé ferite che non erano solo fisiche, quelle lasciate dal gelo patito durante la campagna russa, che gli avevano causato sofferenze persistenti ai piedi e alle ossa.

Le ferite, però, non erano solo quelle. C'erano altre cicatrici, più sottili e insidiose, che risalivano ai giorni trascorsi in Russia, e che conservavano immagini di morte: «Viali di cadaveri mutilati appesi agli alberi». Ma era la guerra, e Xiandès era un soldato. Un giovane soldato che, probabilmente, si chiedeva il motivo di tanta atrocità. Quelle domande, forse, le aveva rivolte anche alle stelle, ed è da quel momento che iniziò a coltivare una passione per l'astronomia e l'astrologia, in cerca di risposte sempre più lontane, oltre gli astri. Una ricerca che si tramutò in un grido di dolore quando la sua compagna russa e il loro bambino vennero uccisi.

Il dolore si trasformò prima in rabbia, poi in una religiosità che trovò espressione nelle xilografie che incideva nel suo studio, con l'immancabile teschio accanto.

Negli ultimi decenni della sua vita, e fino alla morte avvenuta nel 2005, insegnò l'arte dell'incisione a chi aveva la pazienza di apprenderla. Ma si percepiva che fosse un uomo segnato dalla sofferenza e dalla solitudine. Le sue allieve lo ricordano anche come una persona sensibile e generosa, a volte nostalgico dei tempi in cui, insieme agli amici artisti come Giovanni Marras, Mansueto Giuliani, Carlo Murroni e Giuseppe Biasi, partecipava alle mostre di xilografia in varie città sarde e della penisola.

Pochi momenti di felicità, che presto tornavano a essere solo ricordi lontani. E allora il bulino tornava a scavare nel legno, cercando nei personaggi, nei paesaggi urbani e rurali, una risposta al mistero della vita e della morte, consapevole che, forse, quella risposta non l'avrebbe mai trovata.